“Sia l’ottimista che il pessimista danno il loro contributo alla società.

L’ottimista inventa l’aeroplano, il pessimista il paracadute.”

– George Bernard Shaw

L’ottimismo è stato a lungo osannato, e lo è tuttora, come strada preferenziale per il successo, la salute e la felicità. Ma anche il pessimismo può aiutare le persone a raggiungere i loro obiettivi e a superare anche grandi difficoltà.

I miei amici mi prendono spesso in giro dicendomi che vedo sempre il bicchiere mezzo vuoto, il lato negativo delle cose, ma la verità e che cerco di prepararmi sempre per ogni eventuale disastro imminente.

Tale aspetto è ormai diventato parte del mio carattere.

Mi piacciono i libri, i film, le serie di questo genere e cerco di capire, laddove possibile, come trovare delle soluzioni concrete nel caso in cui questi fenomeni avvengano davvero, anche se basati su teorie fantastiche di potenziali scenari catastrofici mondiali.

Scherzi a parte, penso questo e agisco di conseguenza perché voglio essere in grado di aiutare sempre le persone a me più care, nel caso in cui malauguratamente mi trovassi in situazioni d’emergenza simili.

D’altronde, in realtà, statisticamente accadono cose improbabili ogni giorno.

Col tempo poi ho potuto piacevolmente apprezzare che anche i miei stessi amici si affidano a me e cercano il mio supporto come “esperto di sopravvivenza” da consultare quando si verificano eventi inaspettati.

Proprio ieri mi è tornato in mente il libro di Max Brooks “World War Z: An oral History of the Zombie War” del 2006 che narra la storia del mondo a seguito di un’apocalisse in cui un virus altamente contagioso chiamato “Solanum” si presenta per la prima volta in Cina, poi si diffonde in tutto il mondo, trasformando milioni di persone in Zombie.

Nel 2013 è stato realizzato anche un film basato sul romanzo e interpretato da Brad Pitt, ma come molti film non rende giustizia alla storia scritta.

Ora, di fronte alla pandemia da Covid-19, che non è ancora così catastrofica come quella causata da “Solanum”, e per fortuna nessuno si trasforma in zombie, almeno per ora, non sono stato in grado di smettere di pensare al romanzo di Brooks.

Infatti i parallelismi tra il libro e la nostra realtà mondiale attuale sono inquietanti, partendo dalla Cina che ha cercato di coprire la diffusione del virus, fino alla propagazione in breve tempo per tutto il mondo dell’epidemia arrivando al focolaio verificatosi negli Stati Uniti proprio a New York, seguito infine dalla risposta lentissima, a seguito di interessi economici in gioco, di tutti gli stati Europei e dell’America stessa coinvolta tra l’altro, proprio come nel romanzo, nell’anno delle elezioni politiche presidenziali.

Sarà una casualità, ma per me che sono abituato a pensare spesso e volentieri agli scenari negativi e al lato oscuro delle cose, ho riflettuto molto.

Ho riflettuto sulle implicazioni psicologiche di quello che ci sta accadendo oggi:

  1. Prima di tutto che il nostro più grande nemico ora non è l’evento negativo estremo che si è verificato, ossia la diffusione del COVID-19, ma è la nostra incapacità di convivere con la paura, e proprio per questa mancanza, stiamo trasformando la paura in panico generalizzato.
  2. La negazione continua del dolore che le nostre culture hanno edificato nei decenni passati esasperando l’ottimismo e il pensiero positivo.
  3. Non ultima la mancanza di consapevolezza che siamo tutti vulnerabili.

Eh si, siamo tutti uguali e vulnerabili in questo mondo. E il virus, che è ad ogni modo democratico, ce lo ricorda bene ogni giorno.

Viviamo in un mondo pieno di comfort e non siamo più abituati a soffrire tanto, anzi a volte per nulla. Ciò ha incancrenito il nostro modo di pensare alle relazioni, alla vita, al mondo in generale e alla fine privilegiamo in maniera prioritaria solo quello che più ci aggrada, non scoraggia e non mette in discussione.

Quando si mette la testa nella sabbia troppo a lungo, per negare una verità scomoda, poi improvvisamente si rimane intrappolati e se in aggiunta quella verità si trasforma in una “pandemia”, si arriva al panico diffuso e ad atteggiamenti potenzialmente auto-distruttivi.

Sto iniziando a vederlo ogni giorno che passa, ed è allarmante.

Il panico è il nostro vero grande nemico ora, non il virus.

Dobbiamo rialzare la testa, dissotterrarla dalla sabbia dove l’avevamo nascosta e fare chiarezza con noi stessi, riappropriandoci di una visione globale del mondo che ci unisce tutti nel bene e nel male.

Un modo responsabile per reagire e crescere, da adesso in poi, potrebbe essere quello di vivere non continuando a negare le tante emergenze, sofferenze e ingiustizie che ci sono nel mondo, anche molto vicine ai nostri paesi, anche nei nostri paesi, ma anzi cominciando ad affrontarle proprio come ci stiamo occupando del virus.

Poi sarebbe il caso di riappropriarci delle nostre emozioni più naturali come la paura che sottovalutiamo e denigriamo, mentre ci fa sentire vivi, ci sprona a trovare le soluzioni più adeguate e ci guida nella strada della sopravvivenza come ha fatto per secoli.

Purtroppo la maggior parte di noi in questi ultimi decenni ha vissuto costruendosi un guscio protettivo, almeno in apparenza, continuando ad osannare il solo pensiero positivo come via preferenziale per raggiungere il benessere, la sicurezza e la felicità.

Il pensiero ottimista certamente aiuta a superare alcuni ostacoli impegnativi, ma non è l’unica opzione.

Anche il “pensar male” ci permette di agire adeguatamente.

Insomma ci deve essere equilibrio, come è presente in tutte le cose della natura.

A questo riguardo, nuovi recenti studi scientifici hanno messo in luce che ci sono vantaggi effettivi anche nell’essere pessimista.

Che ci crediate o no, avere una visione negativa delle cose può essere il segreto per vivere una vita più consapevole e sana.

Infatti alcuni ricercatori inglesi hanno identificato un nuovo tipo di pessimista, denominato “pessimista difensivo”: ossia quelle persone che usano il pensiero negativo per risolvere problemi e raggiungere i propri obiettivi.

La Dott.ssa Fuschia Sirois, ricercatrice di psicologia della salute presso l’Università di Sheffield, spiega come questo particolare tipo di pessimismo offra ad alcune persone un vantaggio enorme.

Il “pessimista difensivo” sfrutta efficacemente il pensiero negativo come mezzo per raggiungere i propri scopi.

La ricerca ha dimostrato che questo modo di pensare può non solo aiutare alcune persone ad avere successo, ma può portarle anche a raggiungere traguardi inaspettati.

Ovviamente, la forma più comune di pessimismo, che implica semplicemente incolpare se stessi per i propri risultati negativi, o per il proprio modo di essere ha effetti anch’esso disastrosi come l’eccesso di ottimismo.

I ricercatori dell’Università di Sheffield aggiungono che il pessimismo difensivo è una strategia che alcune persone adottano proprio per gestire eventuali attacchi di panico, che altrimenti potrebbero farli desiderare di correre nella direzione opposta del loro obiettivo, arrivando a non perseguirlo.

Il fattore cruciale, rilevato nello studio, è stabilire basse aspettative per il risultato di un particolare piano o situazione, come ad esempio aspettarsi di non essere assunti dopo un colloquio di lavoro, e quindi immaginare i dettagli di tutto ciò che potrebbe essere andato storto per poi mettere in campo le adeguate azioni correttive e raggiungere il traguardo.

Ciò dunque fornisce al pessimista difensivo un piano d’azione per garantire che non si verifichino effettivamente gli incidenti immaginati.

I benefici del pessimismo difensivo si estendono anche alle prestazioni effettive. Uno studio mostra come ciò ha molto a che fare con il loro umore negativo e la rispettiva motivazione.

Quando in una delle prove sperimentali svolte dall’equipe di Sheffield veniva richiesto al campione preso in esame di essere di buon umore, i pessimisti difensivi si comportavano non adeguatamente performando male nello svolgimento di attività di problem-solving. Tuttavia, quando venivano messi in un atteggiamento di cattivo umore, essendo abituati già ad immaginare scenari con esiti negativi, ottenevano prestazioni significativamente migliori.

Ciò suggerisce che i pessimisti difensivi sfruttano il loro umore negativo per motivare se stessi a esibirsi al meglio delle loro possibilità.

In conclusione, la differenza chiave che separa i pessimisti difensivi da altri individui che pensano solo negativamente e vedono tutto nero, è il modo in cui affrontano le difficoltà.

Mentre i pessimisti cronici tendono ad usare l’evitamento per far fronte ai problemi previsti quando si sentono principalmente angosciati o depressi, i “pessimisti difensivi” usano le loro aspettative negative per motivare se stessi ad adottare misure pro-attive.

Tale atteggiamento consente loro di sentirsi pronti ad affrontare gli ostacoli percepiti, avendo un maggior controllo sugli esiti finali e garantendosi una performance ottimale.

Per concludere, tornando ai giorni nostri e all’emergenza che ci riguarda, dobbiamo sforzarci di costruire una diga al dilagare dell’ottimismo esasperato, al pensare sempre e solo positivo, al contrario dobbiamo imparare a guardare in faccia la realtà, soprattutto quella spiacevole per avere un atteggiamento diverso, più realista, anche pessimista, ma concreto e senza aver timore della paura, che sarà sempre il nostro più grande e saggio alleato per superare ogni avversità.