E cosa potrebbero imparare se si concedessero di sbagliare
Prime della classe a scuola, irreprensibili sul lavoro, compagne, mogli e madri da Oscar. Perché molte donne sono così preoccupate dalle loro performance? Perché hanno così paura di non essere le più brave e le più preparate?
È vero, viviamo ancora in una società dove per scegliere una donna si richiede che davvero sia speciale, che il suo curriculum sia decisamente più sostanzioso e inappuntabile di quello di un uomo. Non penso però che la ragione per cui molte di noi sfidano continuamente se stesse alla ricerca della perfezione sia solo dovuta la fatto che a noi chiedono di più.
Penso che le prime a chiedere di più a noi stesse siamo noi.
Molte volte ho sentito dire: “Non credo di saper fare questo lavoro, non l’ho mai fatto, non sono pronta”. Oppure “sì, sono arrivata a fare quello che mi piace ma devo ancora migliorare, non sono perfetta”.
Le donne, anche quando conquistano posizioni importanti, non sentono di aver raggiunto un traguardo, di potersi crogiolare almeno un po’ nel loro successo, di potersi fermare. Pensano subito al prossimo miglio e agli strumenti che servono per affrontarlo. È come se il punto di arrivo si spostasse continuamente in avanti e il percorso fosse lungo e infinito.
La prima cosa che dovrebbero capire le donne è che la perfezione non esiste e che l’imperfezione è molto più intrigante e interessante del modello di wonder woman che sa fare tutto e non sbaglia mai nulla.
Ma perché è così difficile accettare di poter aver dei giorni in cui siamo underperformance?
Una delle ragioni sta nella carenza di autostima. Abbiamo sempre bisogno di dimostrare che siamo brave. Pensiamo di poter fare di più, che tutto quello che abbiamo ottenuto non sia solo merito nostro ma soprattutto della fortuna che ci ha aiutato. Non sappiamo valutare appieno il nostro valore.
Le donne, per esempio, guadagnano meno degli uomini. Da anni, è in corso una battaglia per la parità di stipendio ma prima ancora di combattere per questo diritto giustissimo dovremmo imparare a misurare le nostre capacità, a non considerarle sempre come una variabile opinabile. E dovremmo soprattutto imparare a parlare di soldi, a valutare la nostra attività in termini economici. Quanto rende il nostro lavoro? cosa possiamo chiedere in cambio?
Questo è il primo passo per guadagnare in autostima. Il secondo è pensare che sbagliare è umano, normale. Non significa che siamo inadeguate o non abbastanza preparate. Sbagliare ti insegna a fare le cose nel modo giusto, sbagliare ti insegna a ripartire. Sbagliare può essere positivo se è uno stimolo a capire dove e perché abbiamo fatto un errore. Non è una catastrofe o la fine del mondo.
L’altro aspetto, legato ai primi due, è che molte donne non sanno delegare. Ai colleghi di lavoro, ai partner, alle baby sitter, a chi le potrebbe aiutare.
“Preferisco farlo io, non mi fido”, “Mi fermerò fino a tardi ma voglio finire personalmente questo lavoro” “Se non controllo tutto, non mi sento tranquilla” “Vado io a prendere il bambino perché quando è con qualcun altro, anche se è mio marito, sono preoccupata”. Quante volte abbiamo pronunciato, o sentito delle amiche, dire queste parole? Probabilmente tantissime volte, convinte che delegare ad altri una parte del nostro compito porterebbe a risultati peggiorativi e, per alcune, catastrofici. Niente di più sbagliato o falso. L’unico effetto di questi comportamenti è
che così si finisce per mettere insieme troppe incombenze spesso incompatibili tra loro. E il desiderio di perfezione esteso a 360 gradi diventa irrealizzabile. La convinzione che è meglio fare da sole, che chiedere aiuto agli altri sia sbagliato frena le potenzialità femminili e soprattutto spesso blocca le carriere delle donne. Ci siamo mai chieste perché gli uomini, una volta chiusa la porta di casa dimenticano i problemi della gestione quotidiana per dedicarsi completamente al loro lavoro mentre le donne secondo un’immagine classica sono delle chiocciole che portano tutto con sé? E’ vero, spesso il motivo sta nel fatto che tutto ricade sulle loro spalle ma non sempre è così, a volte sono proprio loro che non sono in grado di chiedere aiuto perché non si fidano della qualità di questo aiuto.
Il work-life-balance è un concetto importantissimo che solo ora è entrato nell’agenda delle aziende e dei governi. È vero donne e uomini dovrebbero trovare un nuovo equilibrio tra lavoro e vita privata ma sta ancora una volta a noi donne fare da apripista e imporci di essere diverse. Quasi sempre le rivoluzioni partono dalle persone e dal contagio. Se altre donne sono riuscite a cambiare la loro vita in maniera positiva e senza negare la loro natura, lo possiamo fare anche noi.
Sbagliare, delegare, essere imperfette dovrebbero essere i nostri nuovi mantra.
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