Negli ultimi vent’anni sono stata considerata una donna di potere. Ho ideato D, il supplemento di Repubblica che ha cambiato il panorama dei settimanali femminili e sono stata la prima donna in Italia a dirigere un news magazine, L’Espresso.
Ho pensato tante volte al potere, al fascino che esercita, alla dipendenza che crea, al piacere che procura e soprattutto a come gestirlo.
Quando si parla di donne in posizioni dominanti come Margaret Thatcher, Angela Merkel, Christine Lagarde, quasi sempre, per definirle, si fa ricorso ai metalli: l’acciaio, il ferro, il granito. E gli aggettivi sono: inflessibile, inossidabile, senza cuore. A parte il fatto che, a parità di comportamento, un uomo viene raramente definito di ferro, la domanda che mi pongo è: esiste per le donne la possibilità di inventare un nuovo modo di gestire il potere che tenga conto della natura femminile oppure il potere ha delle regole a cui bisogna attenersi a prescindere dal sesso a cui si appartiene?
Le donne hanno in sé molte caratteristiche: sono in grado di dare la vita (se lo vogliono), di nutrire, amare. Allo stesso tempo sono sensibili al cambiamento, dinamiche, lavoratrici, studentesse modello. Perché una volta arrivate in alto dimenticano tutta la loro profondità per sposare un modello unidirezionale e maschile?
Spesso il problema sta nel fatto che per essere credute bisogna dimostrare di avere forza, di saper tener testa alle situazioni. Ecco allora che il ferro riappare. Non cedere, non svelare le proprie debolezze sembra la strada più semplice. Anche rinunciando ad una parte di se stesse.
Ma esiste un’altra via. Ed è quella di superare la paura di sbagliare, di non essere all’altezza, di non raggiungere i risultati, di non essere abbastanza temuta e allo stesso tempo abbastanza amata.
Bisogna avere il coraggio di cambiare idea (Angela Merkel lo ha fatto accogliendo gli immigrati siriani), di spostare il focus sul work-life balance, di mettere insieme un team di persone così brave che un giorno potranno sostituirci, di creare un ambiente collaborativo dove lo stress e le tensioni stiano fuori dalla porta. Motivare la squadra e diventarne il leader, non il capo. Piangere, ridere, essere esigenti e dolci, forti e morbide, decise e flessibili. Le donne lo possono fare.
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